Anniversario della Liberazione a Cinisello Balsamo 1946, 1951

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lunedì 14 marzo 2011

12 marzo 2011, Roma, Giornata a difesa della Costituzione

Silvia, nipote di Piero Calamandrei, legge una parte del discorso pronunciato da Calamandrei l'11 febbraio 1950 a Roma durante il III Congresso dell'Associazione a Difesa della Scuola Nazionale (ADSN)




Testo integrale del discorso di Piero Calamandrei


Cari colleghi,

noi siamo qui insegnanti di tutti gli ordini di scuole, dalle elementari alle università. Siamo qui riuniti in questo convegno che si intitola alla Difesa della scuola. Perché difendiamo la scuola? Forse la scuola è in pericolo? Qual è la scuola che noi difendiamo? Qual è il pericolo che incombe sulla scuola che noi difendiamo? Può venire subito in mente che noi siamo riuniti per difendere la scuola laica. Ed è anche un po' vero ed è stato detto stamane. Ma non è tutto qui, c'è qualche cosa di più alto. Questa nostra riunione non si deve immiserire in una polemica fra clericali ed anticlericali. Senza dire poi, che si difende quello che abbiamo. Ora, siete proprio sicuri che in Italia noi abbiamo la scuola laica? Che si possa difendere la scuola laica come se ci fosse, dopo l'articolo 7? Ma lasciamo fare, andiamo oltre. Difendiamo la scuola democratica: la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare; la scuola che è in funzione di questa Costituzione, che può essere strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà.

La scuola, come la vedo io, è un organo "costituzionale". Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola "Ordinamento della Repubblica", sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei Deputati, il Senato, il Presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l'organismo costituzionale e l'organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell'organismo umano hanno la funzione di creare il sangue.

La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall'afflusso verso l'alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l'alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al progresso della società.

A questo deve servire la democrazia, permettere a ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità. Ma questo può farlo soltanto la scuola, la quale è il complemento necessario del suffragio universale. La scuola, che ha proprio questo carattere in alto senso politico, perché solo essa può aiutare a scegliere, essa sola può aiutare a creare le persone degne di essere scelte, che affiorino da tutti i ceti sociali.

Vedete, questa immagine è consacrata in un articolo della Costituzione, sia pure con una formula meno immaginosa. L'articolo 34, in cui è detto: La scuola è aperta a tutti, “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi". Questo è l'articolo più importante della nostra Costituzione. Bisogna rendersi conto del valore politico e sociale di questo articolo. Seminarium rei pubblicae, dicevano i latini del matrimonio. Noi potremmo dirlo della scuola: seminarium rei pubblicae: la scuola elabora i migliori per la rinnovazione continua, quotidiana della classe dirigente. Ora, se questa è la funzione costituzionale della scuola nella nostra Repubblica, domandiamoci: com'è costruito questo strumento? Quali sono i suoi principi fondamentali? Prima di tutto, scuola di Stato. Lo Stato deve costituire le sue scuole. Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima. Vedete, noi dobbiamo prima di tutto mettere l'accento su quel comma dell'articolo 33 della Costituzione che dice così: "La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi". Dunque, per questo comma,  lo Stato ha in materia scolastica, prima di tutto una funzione normativa. Lo Stato deve porre la legislazione scolastica nei suoi principi generali. Poi, immediatamente, lo Stato ha una funzione di realizzazione.

Lo Stato non deve dire: io faccio una scuola come modello, poi il resto lo facciano gli altri. No, la scuola è aperta a tutti e se tutti vogliono frequentare la scuola di Stato, ci devono essere in tutti gli ordini di scuole, tante scuole ottime, corrispondenti ai principi posti dallo Stato, scuole pubbliche, che permettano di raccogliere tutti coloro che si rivolgono allo Stato per andare nelle sue scuole. La scuola è aperta a tutti. Lo Stato deve quindi costituire scuole ottime per ospitare tutti. Questo è scritto nell'articolo 33 della Costituzione. La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l'espressione di un altro articolo della Costituzione: dell'articolo 3: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". E l'articolo 151: "Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". Di questi due articoli deve essere strumento la scuola di Stato, strumento di questa eguaglianza civica, di questo rispetto per le libertà di tutte le fedi e di tutte le opinioni.

Quando la scuola pubblica è così forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura. Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo della Costituzione, nell'articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro gradimento e quindi di permettere l’istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe garanzie, che ora vedremo,  alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia. Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.

La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta. Quindi, perché le scuole private sorgendo possano essere un bene e non un pericolo, occorre:  che lo Stato le sorvegli e le controlli e che sia neutrale, imparziale tra esse. Che non favorisca un gruppo di scuole private a danno di altre. Che le scuole private corrispondano a certi requisiti minimi di serietà di organizzazione. Solamente in questo modo e in altri più precisi, che tra poco dirò, si può avere il vantaggio della coesistenza della scuola pubblica con la scuola privata. La gara cioè tra le scuole statali e le private. Che si stabilisca una gara tra le scuole pubbliche e le scuole private, in modo che lo Stato da queste scuole private che sorgono, e che eventualmente possono portare idee e realizzazioni che finora nelle scuole pubbliche non c'erano, si senta stimolato a far meglio, a rendere, se mi sia permessa l'espressione, "più ottime" le proprie scuole. Stimolo dunque deve essere la scuola privata allo Stato, non motivo di abdicazione.

Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare, le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c'è un'altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime. Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci).

Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. E allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.

Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi, ve l'ho già detto: (1) rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. (2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. (3) Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! Quest'ultimo è il metodo più pericoloso, la fase più pericolosa di tutta l'operazione. Questo dunque è il punto, è il punto più pericoloso del metodo. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito.

Per prevedere questo pericolo, non ci voleva molta furberia. Durante la Costituente, a prevenirlo nell'articolo 33 della Costituzione fu messa questa disposizione: "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed  istituti di educazione, senza oneri per lo Stato". Come sapete questa formula nacque da un compromesso; e come tutte le formule nate da compromessi, offre il destro, oggi, a interpretazioni sofistiche. Ma poi c'è un'altra questione che è venuta fuori, che dovrebbe permettere di raggirare la legge. Si tratta di ciò che noi giuristi chiamiamo la "frode alla legge", che è quel quid che i clienti chiedono ai causidici di pochi scrupoli, ai quali il cliente si rivolge per sapere come può violare la legge figurando di osservarla. E’ venuta così fuori l'idea dell'assegno familiare, dell'assegno familiare scolastico.

Il Ministro dell'Istruzione al Congresso Internazionale degli Istituti Familiari, disse: “La scuola privata deve servire a "stimolare" al massimo le spese non statali per l'insegnamento, ma non bisogna escludere che anche lo Stato dia sussidi alle scuole private”. Però aggiunse: “Pensate, se un padre vuol mandare il suo figliolo alla scuola privata, bisogna che paghi tasse. E questo padre è un cittadino che ha già pagato come contribuente la sua tassa per partecipare alla spesa che lo Stato eroga per le scuole pubbliche. Dunque questo povero padre deve pagare due volte la tassa. Allora a questo benemerito cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, per sollevarlo da questo doppio onere, si dà un assegno familiare”. Chi vuol mandare un suo figlio alla scuola privata, si rivolge quindi allo Stato e ha un sussidio, un assegno.

Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare?  Un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica.
Per portare un paragone, nel campo della giustizia si potrebbe fare un discorso simile. Voi sapete come per ottenere giustizia ci sono i giudici pubblici; peraltro i cittadini hanno diritto di fare decidere le loro controversie anche dagli arbitri. Ma l'arbitrato costa caro, spesso costa centinaia di migliaia di lire. Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l'arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri! Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito.

Poi, nella riforma, c'è la questione della parità. L'articolo 33 della Costituzione, nel comma che si riferisce alla parità, dice: "La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle  scuole non statali che chiedono  la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di  scuole statali". Parità, sì, ma bisogna ricordarsi che prima di tutto, prima di concedere la parità, lo Stato, lo dice lo stesso articolo 33, deve fissare i diritti e gli obblighi della scuola a cui concede questa parità, e ricordare che per un altro comma dello stesso articolo, lo Stato ha il compito di dettare le norme generali sull’istruzione. Quindi questa parità non può significare rinuncia a garantire, a controllare la serietà degli studi, i programmi, i titoli degli insegnanti, la serietà delle prove. Bisogna insomma evitare questo nauseante sistema, questo ripugnante sistema che è il favorire nelle scuole la concorrenza al ribasso: che lo Stato favorisca non solo la concorrenza della scuola privata con la scuola pubblica ma che lo Stato favorisca questa concorrenza favorendo la scuola dove si insegna peggio, con un vero e proprio incoraggiamento ufficiale alla bestialità.

Però questa riforma mi dà l'impressione di quelle figure che erano di moda quando ero ragazzo. In quelle figure si vedevano foreste, alberi, stagni, monti, tutto un groviglio di tralci e di uccelli e di tante altre belle cose e poi sotto c'era scritto: trovate il cacciatore. Allora, a furia di cercare, in un angolino, si trovava il cacciatore con il fucile spianato. Anche nella riforma c'è il cacciatore con il fucile spianato.  La scuola privata che si vuole trasformare in scuola privilegiata. Questo è il punto che conta. Tutto il resto, cifre astronomiche di miliardi, avverrà nell'avvenire lontano, ma la scuola privata, se non state attenti, sarà realtà davvero domani. La scuola privata si trasforma in scuola privilegiata e da qui comincia la scuola totalitaria, la trasformazione da scuola democratica in scuola di partito.

E poi c'è un altro pericolo forse anche più grave.  Il pericolo del disfacimento morale della scuola. Questo senso di sfiducia, di cinismo, più che di scetticismo che si va diffondendo nella scuola, specialmente tra i giovani, è molto significativo.  Il tramonto di quelle idee della vecchia scuola di Gaetano Salvemini, di Augusto Monti: la serietà, la precisione, l'onestà, la puntualità. Queste idee semplici. Il fare il proprio dovere, il fare lezione, e che la scuola sia una scuola del carattere, formatrice di coscienze, formatrice di persone oneste e leali. Si va diffondendo l'idea che tutto questo è superato, che non vale più. Oggi valgono appoggi, raccomandazioni, tessere di un partito o di una parrocchia. La religione che è in sé una cosa seria, forse la cosa più seria, perché la cosa più seria della vita è la morte, diventa uno spregevole pretesto per fare i propri affari. Questo è il pericolo: disfacimento morale della scuola. Non è la scuola dei preti che ci spaventa, perché cento anni fa c'erano scuole di preti in cui si sapeva insegnare il latino e l'italiano e da cui uscirono uomini come Giosuè Carducci. Quello che soprattutto spaventa sono i disonesti, gli uomini senza carattere, senza fede, senza opinioni. Questi uomini che dieci anni fa erano fascisti, cinque anni fa erano a parole antifascisti, e ora son tornati, sotto svariati nomi, fascisti nella sostanza cioè profittatori del regime.

E c'è un altro pericolo: di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento. Vedete, fu detto giustamente che chi vinse la guerra del 1918 fu la scuola media italiana, perché quei ragazzi, di cui le salme sono ancora sul Carso, uscivano dalle nostre scuole, dai nostri licei e dalle nostre università. Però guardate anche durante la Liberazione e la Resistenza che cosa è accaduto, è accaduto lo stesso. Ci sono stati professori e maestri che hanno dato esempi mirabili, dal carcere al martirio. Una maestra che per lunghi anni affrontò serenamente la galera fascista è qui tra noi. E tutti noi, vecchi insegnanti, abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d'Italia. Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell'avvenire. Siamo fedeli alla Resistenza. Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.

sabato 12 marzo 2011

Il "Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei" trasmesso su RAI3

E' con orgoglio che la nostra sezione comunica che una riduzione del documentario tratto dal dvd "Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei", realizzato da Patrizia Rulli vicepresidente della sezione, grazie a Silvia nipote di Piero Calamandrei, sono stati trasmessi nel corso della trasmissione Agorà in onda su Rai3 l'11 marzo 2011. 

Il dvd, realizzato nel 2006, è tuttora richiesto e trasmesso nel corso di numerose manifestazioni e nelle scuole in molte città d'Italia. 

Nel 2008 fu presentato a Cinisello Balsamo con il patrocinio della Camera dei deputati, alla presenza dell'allora presidente Fausto Bertinotti.


Stralcio della trasmissione Agorà durante la quale viene trasmesso parte del discorso di Calamandrei tratto dal documentario dell'A.N.P.I. di Cinisello Balsamo.



domenica 23 gennaio 2011

Gennaio 2011, addio compagna Mirka

22 gennaio 2011 
la scomparsa di Laura Polizzi

Mirka come la chiamavano tutti, se n’è andata. Classe 1924, fu una delle prime donne a entrare nelle compagini partigiane e a combattere durante la Resistenza. Fu vicecomandante nel Reggiano delle Brigate Garibaldi. Una delle figure più autentiche ed amate del movimento antifasciata emiliano. Si sposò con Pio Montermini altro partigiano doc.
Laura Polizzi cresce in una famiglia antifascista nell’Oltretorrente, in vicolo Santa Maria, il padre falegname e la madre casalinga. Entra giovanissima nella Resistenza parmense, partecipando allo storico incontro di Villa Braga il 9 settembre 1943. Organizza a Piacenza e Reggio il movimento clandestino delle donne. Combatte nelle Brigate Garibaldi, da cui viene insignita della Stella d’Oro al valore. 
Dal febbraio 1945 è stata molto attiva nell'attività clandestina a Milano, dove si era spostata con il comandante partigiano Pio Montermini. 
Per le responsabilità di comando le viene successivamente conferito dal ministero della Difesa il grado onorifico di capitano.
Tornata a Parma dopo la Liberazione, Mirka svolge per anni e anni importanti incarichi nei movimenti democratici. Ha fatto parte anche della dirigenza nazionale dell'ANPI, della quale è oggi membro della Presidenza onoraria. Nel 1991 ha ricevuto dal Comune di Parma il Premio Sant'Ilario, attestato di civica benemerenza.
Per anni ha lavorato in Provincia dove si anche occupata di relazioni internazionali e tanti e proficui sono stati i suoi rapporti col mondo dalla Jugoslavia al Vietnam.


Stralci da due testimonianze di Laura Polizzi

...”Dopo l’8 settembre lo zio mi chiese di entrare nella Resistenza  “ Volentieri” rispondo “ma devo chiederlo al papà”. Mio padre mi abbracciò “vai, vai ma non dire niente alla mamma”.
Ho diretto il movimento femminile a Reggio Emilia e ho organizzato i Gruppi di Difesa della Donna. Poi ho disobbedito, io volevo andare in montagna a combattere ma non mi mandava  il partito e allora ho avuto l’occasione di conoscere una parola d’ordine ... e una sera ho deciso che sarei partita.... Quando arrivo nel posto dove smistavano mi dicono: "e te chi ti manda?” “Non mi manda nessuno, sono scappata”...  Diventai  vice commissario delle Brigate Garibaldi. Ma poi mi innamoro di mio marito; viene un ispettore che disse che due comandanti che avevano un rapporto amoroso non giovavano alla causa  ... e così torno in pianura. ... andavo da Reggio Emilia a Milano in bicicletta per organizzare il lavoro ... Alla Liberazione a Milano sono stata la prima donna a parlare in piazza il 6 maggio 1945.


“…Dopo la fucilazione dei sette fratelli ero stata sollecitata a fare una visita alle donne di casa Cervi. Io continuavo a rimandare ... cosa potevo dire di fronte al dolore di quella mamma, di quelle vedove, di quei bambini? Poi un giorno mi feci coraggio e andai.
Mi venne incontro Genoeffa che senza parlare  mi  abbracciò e si preoccupò per me che ero arrivata sin lì in bicicletta: “Povra putèla, te saret stufa”, mi fece sedere vicino a quel camino e mi offrì una tazza  di latte caldo con  il miele … mai latte mi parve così buono…



Durante la Resistenza


Un comizio dopo la Liberazione



Negli anni della maturità





Durante un comizio



Davanti al camino di casa Cervi sessant'anni dopo l'episodio narrato

Con noi dell'A.N.P.I. di Cinisello Balsamo alla festa della pastasciutta a casa Cervi,
1^ a destra Rachele Sala, 1^ a sinistra Ornella Ravaglia, 2^ Laura Polizzi


Laura Polizzi





Due delle ultime immagini di Laura Polizzi





 La camera ardente

venerdì 14 maggio 2010

Cinisello Liberation Festival - Le foto


Sono finalmente disponibili le fotografie del Cinisello Liberation Festival!
A questo link potrete vederle e scaricarle liberamente, divise in album tematici. Ci scusiamo per l'attesa e rivolgiamo un caloroso ringraziamento a Silvia Galasso, autrice delle fotografie.

Inoltre è disponibile anche un video dell'iniziativa, prodotto dalla WebTv CGIL, che ringraziamo vivamente per la presenza e la collaborazione.

L'ANPI di Cinisello ringrazia nuovamente tutti coloro che il 24 aprile hanno reso possibile la riuscita della manifestazione e tutti i partecipanti!
All'anno prossimo!

giovedì 15 aprile 2010

BUON VENTICINQUE APRILE
E CHE IL VENTO
FISCHI ANCORA!



Anniversario della Liberazione
Cinisello Balsamo - 1946 - 1951

24 aprile 2010, Cinisello Balsamo, iniziativa organizzata da ANPI Cinisello Balsamo

I giovani con i partigiani per rilanciare
Resistenza Costituzione e lavoro


Il tema scelto quest’anno dall’ANPI di Cinisello Balsamo per celebrare il 65° anniversario della Liberazione è lavoro e Costituzione.

I nostri padri costituenti inserirono il lavoro nel primo articolo della Carta Costituzionale sottolineandone il grande valore. Oggi questa parola si traduce in crisi economica che riversa sull’occupazione i suoi effetti più duri, in indebolimento delle garanzie, in precariato senza regole. Sarà una giornata di solidarietà con chi sta subendo le gravissime conseguenze della crisi economica.

Per parlarne l’ANPI ha invitato: Luciano Fasano – Assessore alle politiche culturali del Comune di Cinisello Balsamo, Stefano Landini della CGIL Lombardia, Alessandro Rizzo dell’ANPI Comitato Regionale della Lombardia, migranti e lavoratori delle fabbriche in crisi della zona.

Inoltre un ricco programma musicale animerà piazza Gramsci sin dalle prime ore del pomeriggio di sabato 24 aprile.

Si tratta del 1° Cinisello Liberation Festival rivolto a tutta la cittadinanza, ma in particolare ai giovani, che sono i lavoratori del futuro. I giovani con i partigiani per rilanciare i valori della Resistenza, della Costituzione e del lavoro.

Dalle ore 14, numerose bancarelle, mostre fotografiche, video installazioni, andranno a riempire tutta piazza Gramsci prima dell'inizio del concerto che è previsto per le ore 16.00, verso le ore 18: “Happy hour resistente”.

Sul palco, con ritmi blues, reggae, folk e rock'n'roll si alterneranno i: 10meno9 - noto gruppo cinisellese, i Miami & the Groovers - provenienti da Rimini, il Coro Ingrato – interpreti e ricercatori di canti popolari, i BFK Urban Folk - con le loro esecuzioni travolgenti, per concludere con Daniele Tenca - autore dell'album "Blues for the working class" dedicato alla crisi e al lavoro, e Ambramarie - promettente giovane rocker dalla trasmissione televisiva XFactor che chiuderà il festival.

L’iniziativa è organizzata dall’ANPI di Cinisello Balsamo ed è patrocinata dal Comune di Cinisello Balsamo con il contributo anche di Auprema.


sabato 24 aprile - piazza Gramsci

dalle 14 - bancarelle, stand, birreria resistente, mostre fotografiche e video installazioni

dalle 16 - live

Miami and the Groovers
10meno9
Coro Ingrato
BFK Urban Folk
Daniele Tenca "Blues for the working class"
Ambramarie da XFactor


alle 18 - "Happy hour resistente"

giovedì 1 aprile 2010

Discorso sulla Costituzione di Piero Calamandrei


In occasione del sessantesimo anniversario della Repubblica, dei lavori della Costituente e della firma della Carta Costituzionale, l'A.N.P.I. di Cinisello Balsamo ha realizzato il DVD “Piero Calamandrei - Discorso sulla Costituzione”, con il contributo e il patrocinio della Provincia di Milano (Assessore all'Istruzione e all'Edilizia Scolastica) e del Comune di Cinisello Balsamo e con il contributo di C.G.I.L. Lombardia, Società Umanitaria Milano, Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, A.N.P.I. Comitato Regionale della Lombardia.

Il DVD contiene un documentario (durata 17 min.) che propone uno stralcio dell’audio dell’ “Introduzione storica sulla Costituzione” che Piero Calamandrei tenne nel 1955 agli studenti milanesi, accompagnato da immagini di repertorio che ripercorrono i giorni della Liberazione, della nascita della Repubblica e dei lavori della Costituente.

La dottoressa Silvia Calamandrei, nipote del grande giurista, ha fornito l’audio del discorso e le foto di Piero Calamandrei, alcune inedite dell’archivio familiare e ha supervisionato il lavoro ultimato, dando il suo consenso alla distribuzione.

L’idea di realizzare il filmato è nata in considerazione del forte impatto emotivo che ha suscitato, prima di tutto su di noi, l’ascolto di questo discorso che, pur essendo stato pronunciato nel 1955, risulta essere molto attuale e di facile comprensione soprattutto per i giovani. L’analisi di alcuni articoli della Costituzione che Piero Calamandrei propone ai giovani di allora e l’enfasi con cui era solito intervenire ci hanno spinto a trovare una formula che rendesse più facile l’ascolto.

Purtroppo di questo intervento non esistono reperti video, ma unicamente una registrazione audio di cui dispone la famiglia Calamandrei e la Discoteca di Stato.
Alcune delle immagini sono state inserite a commento delle parole di Piero Calamandrei, altre semplicemente accompagnano l’ascolto del discorso che è preceduto dalla prolusione di Riccardo Bauer e termina con alcune immagini delle sfilate partigiane di Torino e di Milano dopo la Liberazione con il sottofondo della musica dei Modena City Ramblers. E’ stato inoltre incluso un brevissimo spezzone di pochi secondi di un filmato con Piero Calamandrei.

Il DVD contiene anche l’audio del discorso integrale, scritti di Piero Calamandrei, documenti, fotografie e un intervento della nipote Silvia.

Inoltre, grazie ad una ricerca da noi svolta per risalire al contesto in cui avvenne questo importante evento, è stato possibile inserire documenti relativi al ciclo di conferenze sulla Costituzione, iniziato e concluso da Piero Calamandrei e organizzato da un gruppo di studenti, e un’intervista a due di loro: Franco Morganti e Enrico Colombi, che rievoca quella giornata del 26 gennaio 1955 all’Umanitaria.

IL DVD è disponibile, inviando una richiesta al nostro indirizzo di posta elettronica e versando un contributo per le spese di spedizione di Euro 10.


Silvia, nipote di Piero Calamandrei,
parla del documentario realizzato
dall'A.N.P.I. di Cinisello Balsamo



martedì 20 gennaio 2009

63° Anniversario della Liberazione a Cinisello Balsamo



È FESTA D’APRILE


In occasione del 63° anniversario della Liberazione, la sera di giovedì 24 aprile 2008, si è tenuto un concerto presso il salone Matteotti, durante il quale si sono esibite due band giovanili di Cinisello Balsamo: gli Adrenaline e i Blade.

Ha fatto seguito il bellissimo spettacolo "Musica Resistente" del gruppo Befolk con musiche, suoni, parole e immagini su come 60 anni fa è nata l’Italia repubblicana e costituzionale.

Nel corso della serata sono intervenuti tre giovani rappresentanti dell’A.N.P.I.:

Francesca Parmigiani di Brescia, membro del Consiglio Regionale della Lombardia;
Alessandro Rizzo di Milano, presidente sezione "Martiri di via Tibaldi" e membro dell’Assemblea Provinciale;
Valerio Todeschini di Varese.

Venerdì 25 aprile 2008, dopo la messa celebrata da Don Gino Rigoldi e il corteo, preceduto dalla Filamornica Paganelli ’79, sono intervenuti in piazza Gramsci:

Angelo Zaninello, Sindaco;
Luciano Fasano, Presidente del Consiglio Comunale;
Felice Riccardi, Presidente A.N.P.I. di Cinisello Balsamo;
Alessandro Rizzo, Assemblea Provinciale A.N.P.I e Presidente A.N.P.I. sezione "Martiri di viale Tibaldi" di Milano;
Don Gino Rigoldi, fondatore dell’Associazione Comunità Nuova Onlus di Milano e Cappellano del carcere minorile Beccaria.

Sono intervenuti infine:

l’attrice Marta Marangoni, del Teatro della Cooperativa di Milano, che ha letto alcuni brani di odierna Resistenza;
alcuni giovani di Cinisello Balsamo:
Dario Clemente;
Martino Iniziato;
Matteo Mase;
Dario Clemente.

Durante la manifestazione il Progetto Pari e Dispari del Comune di Cinisello Balsamo, gestito dall’Associazione MARSE Onlus, ha presentato un gruppo di giovani writers che hanno espresso, attraverso dei graffiti, cosa rappresenta per loro oggi l’eredità dei valori della Resistenza.

Di seguito riportiamo gli interventi dei giovani.

Cosa vuol dire oggi antifascismo, come vivono i giovani l’identificazione con quei valori forti che sono nati dall’esperienza della Resistenza e che hanno rappresentato il cardine su cui si è fondata la Repubblica democratica?


Dario Clemente

Martino Iniziato

Matteo Mase

Gaetano Salerno

Francesca Parmigiani


Alessandro Rizzo