Anniversario della Liberazione a Cinisello Balsamo 1946, 1951

Anniversario della Liberazione a Cinisello Balsamo 1946, 1951 ">

giovedì 7 aprile 2011

1, 8 aprile, 8 maggio, 18, 19 giugno, organizzato da ANPI e CAI Cinisello Balsamo, ANPI e CAI Sesto San Giovanni

Le sezioni A.N.P.I. e C.A.I. di Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni in collaborazione con l’Associazione Banlieue di Osnago organizzano:
- nel mese di aprile due conferenze sulle vicende storiche della 55^ Brigata D'Assalto Fratelli Rosselli;
- nei mesi di maggio e giugno due escursioni.

Per maggiori informazioni:




telefonare al C.A.I. Sesto San Giovanni tel. 02 24 26 875
martedì e giovedi dalle 21.00 alle 23.00


Per approfondire: 

La guerra partigiana in Valsassina

La guerra partigiana, in Valsassina come altrove, si configura come un "mordi e fuggì" dove ai rastrellamenti, agli scontri ed agli sganciamenti fa seguito il ritorno in loco delle formazioni partigiane. Se questa è la routine quotidiana, poi ci sono episodi simbolo, momenti topici dello scontro. Due sono stati i grandi rastrellamenti effettuati in Valsassina, ad opera delle forze nazi-fasciste, rispettivamente nell'ottobre del '43 e nell'ottobre del '44.
Nel primo si mirava ad impedire il consolidamento di zone di "resistenza" dovute a due elementi: la fuga dal milanese di ricercati dall'autorità fascista e la caccia ai renitenti alla leva organizzata dalla Repubblica Sociale.

Le montagne della Valsassina sono le prime che si incontrano uscendo da Milano, hanno una lunga storia di frequentazione, una buona rete di sentieri e molti alpeggi.
Hanno Lecco come punto di riferimento, città operaia con un passato antifascista non indifferente, c'è una comunanza di intenti che trascende quelle che si usa definire "differenze di classe"; i rifugiati in montagna se non proprio amati dalla popolazione sono tollerati ed aiutati.
 
Nel '43 la Resistenza non è ancora ben strutturata ed i comandi nazi-fascisti hanno buon gioco a sbarazzarsi delle forze partigiane.
 
L'episodio della battaglia di Erna, nel suo eroico svolgersi (poche armi e munizioni tra cui tante a salve) segna una fase preliminare che è ancora di carattere organizzativo.
Non sono solo i “locali” a raggiungere le montagne, così si legge in “La deportazione dei lavoratori nell’area industriale di Sesto San Giovanni di Giuseppe Vignati “ […] rafforzarono i legami delle grandi fabbriche con le brigate partigiane della montagna lariana e della Valtellina, verso le quali, attraverso canali clandestini, affluivano viveri, finanziamenti, armi catturate ai nazifascisti, combattenti e quadri di comando. Si attivavano patrocini con i distaccamenti delle brigate partigiane: la Ercole, la Magneti Marelli e la Breda con la 55a Brigata Garibaldi Rosselli; la Pirelli con la 52a Brigata Garibaldi Clerici e la Brigata Valgrande nel Verbano. 

Centinaia di lavoratori combatterono nelle brigate Garibaldi, Matteotti, GL, nelle formazioni autonome, sulle montagne lombarde e piemontesi in Ossola e nell’Oltrepò. Quella di Sesto San Giovanni, grazie allapreponderante presenza di operai e tecnici delle grandi e medie fabbriche – erano il 90% della popolazione residente –, fu una resistenza corale, dalle molte sfaccettature, che faceva riferimento sia ai partiti politici clandestini organizzati in fabbrica e in città, sia al tessuto associativo cattolico. Scriverà il comandante della Brigata nera “Resega” in una “Relazione riservata” il 28 dicembre 1944, “altro da far saltare sarebbe il prevosto di Sesto San Giovanni, certo don Mapelli, che tanti danni ha arrecato al governo della Repubblica
sociale italiana... La parrocchia di Sesto San Giovanni è un formicaio di antifascisti di ribelli
di sabotatori”. Oltre allo sciopero generale del marzo 1944 particolarmente significativi furono lo sciopero generale del 21 settembre 1944 che coinvolse Breda, Pirelli ed Ercole Marelli. A questo proposito segnalo che nei Registri matricola di San Vittore il 22 settembre sono elencati 59 nominativi di persone catturate a Sesto San Giovanni, accanto ai quali vi è una G in matita rossa che significava deportazione in Germania […].
 
Il rastrellamento del '44 avviene invece dopo un periodo in cui la Valsassina era considerata zona libera nei fatti e nei comportamenti quotidiani. Un cartello in tedesco, posto all'inizio della strada per Ballabio, portava la scritta: Zona pericolosa.
Non si trattava più di impedire forme organizzate, si trattava di distruggerle, isolarle, terrorizzare le popolazioni per evitarne definitivamente la possibile riorganizzazione.
Da qui l'impegno delle formazioni tedesche e fasciste nel distruggere, bruciare rifugi, alpeggi, rompere con il terrore il filo di solidarietà che legava le formazioni partigiane alla popolazione. La Valsassina doveva ritornare, militarmente e politicamente, sotto il controllo della Repubblica Sociale.
 
Geograficamente la Valsassina e le sue montagne sono come un grosso cuneo posto tra il lago di Lecco su cui degradano le Grigne, la bassa Valtellina da Colico a Morbegno, la Val Brembana con il solco della Val Taleggio, la Valle Imagna e il Resegone. E' una posizione militarmente debole che può reggere solo con un forte supporto sociale: il favore della popolazione, ove per popolazione si intende il suo significato letterale, cioè tutti gli abitanti del luogo: preti, commercianti, Industriali,  mandriani, operai, carabinieri, guardie forestali.
 
La Brigata Rosselli, che operava sui monti della Valsassina, viene letteralmente circondata. La sola salvezza possibile per i partigiani che ne fanno parte è tentare di raggiungere la Svizzera. Alcuni di loro invece restano negli alpeggi distrutti per non rompere il filo che li lega alla popolazione e per non perdere la possibilità di ricostruire la brigata nella primavera del '45.
Quella che intraprende la Rosselli non è una fuga disordinata bensì un ripiegamento ragionato.
Sorpresi in una situazione di attesa preinsurrezionale, gli uomini della 55° non si sbandano.
Anche se in isolamento, conseguenza del collasso delle linee di informazione, la Brigata riesce a
mantenere i contatti con tutti i distaccamenti, anzi, supera contrasti e scontri al suo interno in una situazione che la porta alla modifica della struttura del comando stesso nel corso delle operazioni.
 
L'intelligenza politica e organizzativa fa sì che gli uomini della montagna, i valligiani, coloro cioè che conoscono i luoghi e gli uomini restino in Valsassina; quelli che vanno verso la Svizzera sono i "cittadini", gli uomini della pianura o del lago che difficilmente saprebbero cavarsela sui monti, ma che riescono nella loro impresa e giungono in Svizzera compatti.
Noi possiamo solo ricordare il percorso che fecero questi eroi sconosciuti, celebrarne l'impresa e ringraziarli per aver sacrificato la loro giovinezza per la liberazione del nostro Paese.
 
Brano tratto dal volume:
“Sui sentieri della guerra partigiana in Valsassina”  il percorso della 55° Brigata Fratelli Rosselli ed. ANPI Comitato Provinciale di Lecco

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